19 aprile 2007

Con l'intervento di Maria Pina Ciancio si è conclusa a Potenza la rassegna “Mani di donna”

[riflessioni -8]
Si è conclusa martedì sera 10 aprile, presso la Pinacoteca Provinciale di Potenza, con la poesia di Maria Pina Ciancio la rassegna “Mani di Donna”, un progetto artistico-culturale ideato e coordinato da Lorenza Colicigno. Il tema della serata “Dal silenzio alla parola” è stato subito introdotto dalle riflessioni della poetessa e saggista Lorenza Colicigno, che ha evidenziato come la scrittura femminile si sia andata nei secoli connotando come una trasgressione e una ribellione nei confronti di un silenzio condizionato o scelto. I testi contenuti nella nuova raccolta “Il gatto e la falena” della poetessa di San Severino Lucano, sono stati riconosciuti efficaci e di supporto al tema della serata, e la qualità degli stessi avevano già procurato all’autrice il Premio Parola di Donna 2003, mentre il libro ha visto luce proprio in occasione dell’incontro di martedì sera. “Testi carichi del sentire e del pensare al femminile, dove la parola appare miracolosamente ripescata dall’abisso della memoria e si colloca sulla pagina quasi come un oracolo della Sibilla” ha sottolineato la Colicigno, soffermandosi poi sul ruolo e la funzione che la parola delle donne ha avuto nella storia e nella letteratura. I versi sono stati poi recitati con naturale intensità dalla voce di Isabella Urbano, mentre gli intermezzi musicali che hanno allietato la serata sono stati eseguiti dalla violinista Emanuela Sabatiello. La Ciancio ha poi tracciato brevemente la sua storia poetica, evidenziando come il “silenzio” sia un fattore insopprimibile per la scrittura, e la sua stessa consistenza all’interno di un’esperienza creativa acquista un valore quasi “sacrale”. Si è poi soffermata sull’opera vincitrice “Il gatto e la falena”, spiegando le contraddizioni che l’attraversano, il dinamismo che sottende e la tensione che vivono i versi della raccolta, composti dal 1996 al 1999, tesi verso il superamento del frammento come espressione stilistica tra le più prossime alla condizione di silenzio. La serata si è poi conclusa con interventi da parte del pubblico affezionato alla poesia di Maria Pina Ciancio, che ha accolto l’invito della Colicigno, siglato anche nella prefazione, che ha definito il testo doloroso ma estremamente colloquiale e quindi “un libretto che conviene portare con sè per riflettersi con coraggio e onestà, riconoscendo all’arte e alla poesia femminile di aver adempiuto al suo principio ispiratore divenendo altruista e ideale, incantatrice e vera, coraggiosa e rara”. La rassegna culturale è stata patrocinata dal Comune e dalla Provincia di Potenza e si è svolta presso la Pinacoteca Provinciale dal 12 marzo al 15 aprile 2007.
by Maria Luigia Iannotti

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18 aprile 2007

Racconti, fiabe, favole e leggende Lucane per sognare e ricordare

[percorsi -13]
UN'ANTOLOGIA CURATA DA FRANCESCA AMENDOLA
E’ una selezione di fiabe della tradizione lucana quella curata da Francesca Amendola per le Edizioni Mario Adda di Bari nella collana Mirabilia diretta da Raffaele Nigro.
Un paziente e rigoroso lavoro di raccolta e riscrittura che ha tenuto impegnata la curatrice in una ricerca durata più di trent’anni. Francesca Amendola come Calvino se ne è andata in giro per campagne e paesi a cercare le donne più anziane da cui farsi raccontare le favole che raccontavano ai loro bambini. Storie “cuntate” in dialetto intorno al focolare, quelle che avevano ascoltato dalle loro mamme che a loro voltA avevano imparato dalle loro nonne e così fino alla notte dei tempi.
Sono più di cento le fiaabe, i miti e le leggende tramandate dalla voce degli anziani e messe insieme dall’autrice in questo volumetto antologico dal titolo Le fiabe lucane. Alcune più note, altre meno note, altre provenienti dal patrimonio favolistico mondiale le ritroviamo nelle raccolte di Basile, Calvino e in altri lavori antologici: Mugolino il brigante, Il monacello, Petrosinella, Zì Minurchie, Crai Crai, Cecericchio, Zio Orco. Sono racconti peculiari di circa 20 paesi lucani, localizzati soprattutto a nord della regione e trascritti, così come afferma la stessa autrice, secondo alcune caratteristiche del racconto orale “la semplicità linguistica, la prevalenza della narrazione dei fatti sulle descrizioni, il ritmo incalzante, i paesaggi lucani trasfigurati dal magico”. Streghe, maghi, spiritelli e monacicchi, donne astute e coraggiose, animali parlanti, briganti, santi, sono i protagonisti di storie insolite e affascinanti che riflettono tutta la ricchezza di una tradizione orale millenaria, tenace e fedele alla propria eredità culturale. Un patrimonio della memoria che in pochi si sono cimentati a raccogliere, le nostre raccolte fiabistiche, infatti, prima di questo lavoro antologico, sono ferme come scrive Raffaele Nigro nella presentazione AL LIBRO “a Michele Gerardo Pasquarelli, Sergio De Pilato, Ernesto De Martino, Giambattista Bronzini e Carlo Rutigliano. Veramente poca roba”.
Naturalmente in ogni narrazione emerge la vita quotidiana, le speranze e le sconfitte, il vissuto individuale e collettivo della gente di Lucania esaltato dallA fantasiA e dall’elemento magico “Ogni mattina Mastro Minco il contadino, per recarsi al suo orticello, attraversava una stradina che costeggiava la Gravina, nella quale scorreva un torrente, e affacciatosi sull’orlo del dirupo…”;Battista era e un boscaiolo, che tagliava la legna con la ronca sul monte Vulture, per questo tutti lo conoscevano come Ronca Battista…”; “Divennero ricchi e comprarono vigne e oliveti. Il monacello gli andò tante volte in sogno e cercava di riprendersi il cappello, ma il contadino lo teneva ben custodito”. Dai nomi dei luoghi e delle persone, dagli umili lavori nei campi, ma anche dalla stessa ambientazione e dalla morfologia del territorio descritto è rintracciabile e riconoscibile un patrimonio culturale di eccezionale valore. Un mondo di fantasia che affonda le radici nella storia e nelle tradizioni del sud. Un libro “di vecchia memoria”, anello di congiunzione tra generazioni, passato e presente. Un prezioso documento della nostra terra di cui riappropriarsi, specialmente oggi –quando non esistono più momenti di raccoglimento intorno al focolare e la televisione invade il nostro tempo libero.
Insomma fiabe da leggere, da raccontare e da ascoltare, perché come dice una canzone siberiana “un popolo che non racconta più fiabe è destinato a morire di freddo”.
Francesca Amendola, Fiabe Lucane (collana diretta da Raffaele Nigro) Ed. Mario Adda, Mirabilia Bari 2003
by Maria Pina Ciancio

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04 aprile 2007

La poesia religiosa di Cristina di Lagopesole

[percorsi -12]
“FLOS SANCTORUM” A UN ANNO DALLA SUA PUBBLICAZIONE
“Dio abita dove lo si lascia entrare”
Voluminoso, raffinato, dorato nelle incisioni della copertina in marocchino rosso, troneggia sul mio comodino e mi fa compagnia ormai da un anno. Appena alzata, ogni mattina mi attira più che mai. Con riverente timore, sfoglio delicatamente la pregiata carta avoriata ed i miei occhi vanno ai versi sui Santi del giorno, che leggo, rileggo e contemplo.
Quanto lavoro certosino! Quante ricerche! Quanta fede!
Non è un’opera umana. Non è semplice agiografia. È ispirata dal Divino Amore.
Mi riferisco al testo monumentale, elegantemente curato nella veste tipografica, “Flos sanctorum – Peregrinatio per annum” della nota poetessa Cristina di Lagopesole, pubblicato nel 2005 dalla casa editrice Lacaita di Manduria, con il Patrocinio della Conferenza Episcopale e del Consiglio Regionale della Basilicata.
Il volume, dedicato a Papa Giovanni Paolo II, si avvale della presentazione del Cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, e dell’Introduzione di Padre Gianfranco Grieco, giornalista dell’Osservatore Romano, con l’Imprimatur di Mons. Agostino Superbo; è stato distribuito al clero della Basilicata il 24 marzo 2005, durante la S. Messa del Sacro Crisma del Giovedì Santo.
Unico nella Storia della Chiesa Cattolica d’Occidente, è stato scritto dal 1 gennaio al 31 dicembre 2003, prima dell’alba, dalle 4 alle 7 del mattino, in ginocchio, ai piedi del Crocifisso, nel Santuario del Divin Crocifisso a Lagopesole. Il tempio, nato da un disegno di Amore, fatto erigere dalla scrittrice, consacrato il 14 settembre 2001, é stato realizzato con tecniche antichissime e materiale di recupero, su modelli paleocristiani e medioevali, basati su perfezioni numeriche, geometriche e cifre simboliche, in particolare del numero 40, misura base dell’edificio.
Il “Flos”, che ha vinto il primo premio Letterario Internazionale “Maestrale-San Marco” Sestri Levante, viene dopo altre tre opere di preghiera ”I movimenti dell’anima. Libro d’Ore”, “Il libro del pellegrino”, “Ad crucem”. Nel primo vi è la liberazione dalle passioni negative; il secondo porta verso il Golgota; il terzo è un viaggio sul corpo di Cristo, via che porta al Padre. Il “Flos” è il compimento del viaggio, la rosa dantesca. È un martirologio, per tutto l’anno liturgico, di circa 15.000 versi, divisi in distici, terzine e quartine, fino a stanze di dieci versi, distribuiti in 528 Inni (numero triangolare pitagorico divino; cerchio e triangolo: perfezione cosmica trinitaria). Il numero dei Santi presentati in un giorno del Calendario varia da uno a cinque. La tipologia delle composizioni comprende inni sacri, orazioni, cantici, laudi, salmi, panegirici, ringraziamenti, offerte di sé, canti processionali e cosmici, alternati anche da espressioni latine, con l’Incipit e l’Explicit di brevi passi biblici. La poetessa pone un’attenzione particolare verso i nostri Santi della Basilicata (Andrea Avellino di Castronuovo, Bonaventura da Potenza, Domenico Girardelli da Muro Lucano, Domentico Lentini, Gerardo Maiella). L’opera è corredata anche da 12 icone, realizzate dal monaco melchita Gustavo Costanzo, presso la città di Magdala, in Terra Santa. Si parte dalla Visio, per seguire un itinerario artistico-spirituale, che raggiunge l’estasi contemplativa.
L’ultima pagina del volume è bianca. Il Priore Generale dei Camaldolesi, Padre Emanuele Bargellini, intervenuto come relatore, il 3 giugno 2005, alla presentazione del testo presso il Comune di Potenza, si è soffermato sulla pagina bianca ed ha invitato il lettore a completare l’opera iniziata da Cristina, passando dal ruolo di fruitore del libro a quello di coautore, mettendosi in gioco con la sua intelligenza, la sua fede e la sua vita. Non potrà essere Cristina a terminare il lavoro, ma solo il Signore, perché quella raccontata è una storia di Amore. In realtà, non è un racconto, ma un incontro con gli amici di Dio. Cristina è solo una voce narrante, che condivide con il lettore la contemplazione ammirata ed intensamente pregata di un mistero, che anima la storia: il cammino di Dio in compagnia dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo. È una geografia ed una storia della fede. È universale. È una storia che non ha tempo, perché è nata in Dio, ma proprio per questo assume i contorni di ogni spazio e di ogni tempo e l’individuazione di ogni persona nella sua unicità - ha affermato con chiarezza il Priore Camaldolese. È l’avventura esistenziale di tanti uomini e donne, che ci hanno preceduto come pellegrini nella verità, richiamati e messi in movimento dalla nostalgia di quella patria originaria che non abbiamo mai visto. Nostalgia delle origini e speranza di approdo che sono in parte anche le nostre, oggi e domani.
Cristina di Lagopesole non ci propone una vicenda letteraria, ma una narrazione contemplativa nella storia di Cristo coi suoi Santi. È una misteriosa voce dello spirito, che riapre lo sguardo verso il trascendente che ci portiamo dentro. Spetta ad ognuno di noi tradurre in testimonianza di vita i messaggi dei Santi, la cui prosa dell’esistenza è stata trasformata in versi dalla grazia divina
Ringraziamo, quindi, Cristina - donna vigorosa, vibrante e virtuosa, consacrata a Gesù Crocifisso - che si distingue per il suo incedere ieratico, accentuato dal suo impeccabile saio bianco, per il viaggio spirituale che ci ha fatto intraprendere, per l’intensa meditazione teologica, per gli spiragli di luce che ci ha offerto, per gli aneliti di libertà, che in questa incertezza esistenziale ci fanno ancora sperare in un Dio misericordioso e più che mai a noi vicino.
I lettori del Sirino la ringraziano, in particolare, anche per la descrizione del paesaggio del Sirino, che ha dato i natali al Beato Domenico Lentini, il cui apostolato è stato ben evidenziato alle pagine 140/142 del Flos:
“Nell’antica Sirino, città di torrenti/tra valli ubertose e monti, /che alteri declinano verso il mare,/al canto di limpide acque zampillanti tra erbe e fiori,/in parvula dimora, frutto generoso di beata progenie,/venisti al mondo, o Beato, simile agli Angeli, povero./Tra faggi e loriche e antiche laure /crescesti santo, a imitazione di Cristo. …
“O pastore prezioso, prega per noi. /Vedi: Pellegrini veniamo alla tua soglia,/apri le nostre mani e irrorale di santità,/
guida i fanciulli alla tua porta /abbi di noi pietà, liberaci dai lacci, /sii nostro custode sulla via. /Ascoltaci, oh! Ascoltaci. Amen.”
by Teresa Armenti

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