15 giugno 2006

La poesia di Antonio Lotierzo

[percorsi -4]
E’ compito arduo scrivere d’un autore come Antonio Lotierzo che oltre ad essere poeta di insolita qualità è letterato acuto, scrittore eclettico ed uomo di profonda onestà intellettuale.
Ho conosciuto Antonio Lotierzo lo scorso agosto in occasione d’una cena a cui fui invitata da un amico poeta e subito ebbi la sensazione di trovarmi di fronte ad una personalità letteraria d’indubbio valore, foggiata nell’ambito vasto della letteratura mondiale, intransigente, inquieta, profondamente ancorata ad una forma mentis razionalista, di matrice filosofica, che lo spinge a mettere tutto in discussione. Avevo già letto di questo autore l’opera poetica “Golfo di sogni inquieto”, Loffredo Editore, stampata nel 2000, una raccolta compiuta e illuminante, che districata nel progresso d’un verso incalzante, in una coerenza struggente, racconta la vita con le sue mortificazioni e i suoi compimenti, la storia culturale e sociale lucana, in una biografia netta personale e collettiva, attraverso una robusta scrittura assestata su un terreno “nervoso”, fedele alla materia, ai sensi, ai ricordi, perennemente tesa ad attraversare il senso drammatico dell’esserci in un costante rapporto dialettico col pensiero.
Tuttavia, i miei interrogativi, affiorati dall’incontro, non trovarono soluzioni complessive rileggendo quell’opera, sarà la lettura successiva del testo “Poesie 1972-2000”, edita da Dante e Descartes nel 2001, ad offrirmi un quadro composito della intricata personalità di Lotierzo. Nell’opera, infatti, il poeta compie, a mio avviso, un atto coraggioso riportando tutte le poesie del suo percorso poetico, dalle giovanili alle mature, non antologizzandole, quindi, non selezionando i testi sotto l'effetto accreditante dell’acquisito in tempi maturi. Quest’opera ha il merito di mostrare la poesia nel suo farsi, esercitando il lettore alla pazienza, attraverso il recupero di tracce simboliche del disagio adolescenziale, maturato in una realtà costretta di paese, come quella di Marsiconuovo e del difficoltoso tempo successivo coinciso con il fermento rivoluzionario del sessantotto, che il poeta praticò nell’Università di Napoli. Si tratta di tracce svelate nei versi dalla tendenza al rovesciamento o meglio al disconoscimento dei valori, che provoca per sottrazione logica un naturale rigurgito di identità e appartenenza.
Il rovescio della pelle” del 1977 e “Moritoio marginale” del 1979, sono le prime esperienze poetiche di Lotierzo, che compendiano l'erosione dei linguaggi attraverso una denuncia lacerante contro gli intellettuali meridionali, l’ipocrisia dei contesti classici, l’incombente debordante non senso della metropoli. Denuncia che il poeta compie servendosi di un’ironia tagliente ed un verticismo intellettuale di rara qualità, ma non sempre di facile comprensione. Una distanza ricercata con drammatica sofferenza, uno sradicamento necessario da una terra desolata, come si legge più compiutamente nella seconda raccolta, che l’autore produce attraverso una forma di barocchismo poetico, provocatorio e sarcastico, di smisurata esplosione figurativa e coesione vocale.
Le prime due opere sono corse da versi scritti tra i ventidue e i ventinove anni, carichi di ferocia poetica e linguistica, esercitata contro quel noto fanatismo per la tradizione elegiaca che, come precisa Tito Spinelli, contraddistingue la poesia lucana almeno fino agli anni ‘70. E’ il tempo della sofferta ricerca d’un riscatto attraverso la rottura degli schemi, che Lotierzo vive da protagonista attivo, da giovane allineato nella rivolta dei grandi moti metropolitani, da promotore di convegni in Villa d’Agri e di comizi in Basilicata contro la politica governativa. Quella che affiora è una condizione psicologica di confronto consapevole con il vuoto che incalza l’uomo e falcia la credibilità alle sue fedi, che il poeta affronta con una scrittura magmatica dall’intarsio finissimo già in età giovanile. E’ interessante, però, vedere come lo scrittore maturo, dopo oltre un decennio di silenzio, che rischia quasi l’afasia come scrive Ugo Piscopo, riesce a fare pace con quel tempo di “sregolatezze ideologiche” nei versi di “Materie ed altri ricordi”, che gli fecero anche vincere, per l’inedito, il Premio Montale nel 1994.
L’opera di Lotierzo è pregevole ed importante non solo dal punto di vista umano, ma anche dal punto di vista storico-letterario, fornisce, infatti, una singolare e sofferta testimonianza di indagine poetica e intellettuale. Credo che questo autore vada considerato, senza dubbio, un testimone sostanziale del nostro tempo.Onestamente mi pare di poter affermare che il poeta, in tutta l'opera, non intraveda riscatto, come “il disperso” di memoria cucchiana, se non attraverso una stoica determinazione ad andare sempre in profondità. Una tensione costante, che negli ultimi compiuti tentativi, si traduce nel ricongiungimento con l’unica certezza in ciò che è stato, una resa caduta nella vita, come è deducibile dai versi che seguono, pregni di sapienza vibrante e carichi d’una materia compatta, salubre, governata con pacatezza e concisione piena.
by Maria Luigia Iannotti
Antonio Lotierzo, Poesie 1972-2000, Dante Descartes 2001
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