06 maggio 2007

Leonardo Sinisgalli e la prosa autobiografica dei gesti persi e mai più ritrovati

[percorsi -14]
Matematico, poeta, narratore, Leonardo Sinisgalli fu uomo sfaccettato e poliedrico che diede alle stampe oltre che numerosi libri di poesia, anche diversi scritti in prosa. Alcune delle sue pagine più belle, tratte da Belliboschi, Un disegno di Scipione e altri racconti, Fiori pari, fiori dispari, sono state raccolte, dopo la sua scomparsa, in questo prezioso e agile volumetto edito da Osanna Venosa dal titolo L’Albero bianco. Si tratta di 19 racconti che risalgono agli anni ’70 in cui l’autore affronta un’opera di scavo “alla ricerca del tempo perduto” nel tentativo di recupero della memoria, dell’infanzia, degli affetti familiari, di quella Lucania arcaica da cui si allontanò fanciullo per intraprendere gli studi di formazione fuori regione.
“Con le tasche piene di confetti (avevo atteso un anno quel viaggio, era stato il mio incubo e dovevo crescere, convincere mia madre che poteva lasciarmi solo per un tempo che, in carrozza quella mattina, sentivo sarebbe durato tutta la vita: non ero andato più a scuola, avevo perduto i miei compagni che s’erano sparsi per i campi e nelle fornaci, più grandi e con la sorte già così chiara, mentre io, io…) partimmo, attraversammo il fiume, ci allontanammo dal confine della provincia".
Sono pagine di una bellezza mozzafiato per la loro semplicità e autenticità. “Uno sguardo alle origini” le definisce Vincenzo Sinisgalli, fratello del poeta montemurrese, nella prefazione al libro. Una scrittura diaristica e autobiografica, dal taglio introspettivo e di scavo psicologico che si intreccia a uno spaccato di vita reale e a piccoli gesti della quotidianità. Pagine da cui emergono i sentimenti, i sogni e le attese di quand’era ragazzo, i silenzi già dolorosi della vita, i gesti persi e mai più ritrovati.
"Io dico qualche volta per celia che sono morto a nove anni, dico a voi amici che il ponte sull’Agri crollò un’ora dopo il nostro transito; mi convinco sempre più che tutto quanto mi è accaduto dopo di allora non mi appartiene, io sento di non aderire che con indifferenza al mio destino, alla spinta del vento, al verde al rosso. Io so che la morte arriva all’ora prescritta; non è un’ingiuria, non è un sopruso: io so di essere stato tradito per tutta la vita uscendo fuori dalle mie dolci mura, io che ero innamorato di carte e di stampe, ch’era nato senza appetiti, senza fiamme nella testa e volevo semplicemente perire dentro la mia aria. Forse siamo pochi a lamentarci di non saper più trovare una patria fuori dalle nostre colline".
Una prosa limpida, lineare e al tempo stessa incisiva quella sinisgalliana, che punta decisamente oltre l’apparenza delle cose, per rivelarne e disvelarne quella sostanziale e spesso irrisolta, oscura ambiguità.
8 Leonardo Sinisgalli, L'albero bianco (a cura di Rosetta Maglione e Antonio Vaccaro) Edizioni Osanna Venosa, 1999
by Maria Pina Ciancio

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