20 aprile 2006

La prosa antiretorica di Vito Riviello

[Percorsi -2]
Vito Riviello è nato a Potenza nel 1933 e vive a Roma. E’ tra i più singolari poeti contemporanei. Dopo aver esplorato e sperimentato la scrittura poetica in tutte le sue forme, dal gioco fonico-ritmico e inventivo a un raffinato e popolare sarcasmo, approda al racconto breve. “E arrivò il giorno della prassi” è un’opera a metà strada tra autobiografismo e testimonianza, apprezzabile per l’originalità della scrittura e l'autenticità dell’argomento.
La storia è ambientata nella Potenza degli anni 50-60. Una cittadina di provincia alle prese con i problemi del dopoguerra e la ricostruzione, distante dai grossi centri culturali, ma nonostante tutto in fermento. Decio, Pepè, Carletto, l’autore stesso, sono questi i nomi di un gruppo di giovani studenti che si affacciano alla vita sociale e culturale del paese, con sparuta timidezza all’inizio, con maggiore consapevolezza successivamente, seppure coscienti dei propri limiti. La loro è una lotta che nasce dal contrasto e dalla presa di distanza dal mondo dei padri, dall’autorità costituita, dai valori assoluti. Un ritratto generazionale insomma. Un tema del passato e del presente , la cui azione vera e propria si concretizza all’interno del mondo della scuola nel contrasto tra studenti e professori, che esercitano il loro potere attraverso l’alibi della cultura.
Emerge dal gruppo di studenti energia, ideali e voglia di riscatto, ma anche consapevolezza di “essere soli, scoordinai dinanzi a un apparato che non riuscivamo proporzionalmente ad affrontare”. Il sistema si difendeva, ordinava, zittiva e puniva. Puniva alle interrogazioni, prometteva di punire soprattutto all’esame finale, quello che il gruppo definiva ironicamente “il giudizi finale”.
Ha interessanti spunti di lettura questo libretto di Riviello, il rigidismo istituzionale della scuola, il tentativo di dialogo di qualche sparuto insegnante con gli studenti, la satira al nozionismo scolastico, e soprattutto l'incapacità del sistema di saper dialogare, di essere educativo. Se è vero che la corsa di Decio, Carluccio e gli altri sarà arrestata con l’emblematica bocciatura finale, il vero sconfitto di questo libro sarà il sistema scolastico. Scrive Riviello nelle ultime pagine “sapevamo che le loro coordinate di tiro ci avrebbero, prima o poi raggiunto e affondato. Ci stavano svuotando volevano la distruzione del nostro io dal piedistallo personale, tiravano come per abbattere il nostro tenero monumento da carta d’identita”. E così subirono tutti un’esemplare e plateale azione punitiva “coi pugni chiusi e gli occhi aperti (…) La bocciatura si trasformò in un deserto di rose”.
Lo stile del racconto è parodistico e ironico, dai toni forti, a tratti sarcastici. I personaggi si rivelano attraverso il non detto e il sottinteso, in una prosa antiretorica che predilige il taglio obliquo, un periodare complesso e un ampio ventaglio lessicale, senza per questo cadere in artificiosità formali. Nel libro non mancano constatazioni e giudizi, anche spietati, che adottano formulazioni ironiche forse per esorcizzare paura e rifiuto sempre in agguato a insidiare la sensibilità e l’equilibrio. E allora le interrogazioni diventarono "interrogatori" –mostrando i segni del più sterile nozionismo- i professori "La Confraprofessori", l’esame finale "Il giudizo Universale". Un linguaggio di resistenza, golpe, barricate, complicità clandestina dà al racconto sapore di vecchi ed eroici ricordi partigiani.
by Maria Pina Ciancio
Vito Riviello, E arrivò il giorno della Prassi, Ed. Empiria 1999
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13 aprile 2006

Il vivere quotidiano di Rocco Scotellaro

[Percorsi -1]
Il silenzio durato 26 anni, intorno alla figura del poeta, viene finalmente rotto con la pubblicazione antologica di Tutte le poesie (1940-1953) di Rocco Scotellaro negli Oscar Mondadori, curata nell’introduzione dal poeta contemporaneo Maurizio Cucchi, che, in verità, ha sempre avuto una simpatia particolare per il giovane poeta lucano, come si evince dagli stessi atti del Convegno di Studio Tricarico-Matera 1984 e dalle ricorrenti recensioni su Lo specchio de’ La Stampa, su cui tiene da anni una rubrica di poesia, mentre le note al testo e la selezione dei versi e’ curata dallo studioso e attento critico Franco Vitelli.
La poesia di Scotellaro, è ormai unanimemente riconosciuta come l’esperienza di maggior valore e peculiarità del neo-realismo poetico. Cantore appassionato e vitale, Scotellaro, trascrive la realtà difficoltosa dei contadini meridionali, rifacendosi a situazioni, personaggi del vivere quotidiano attraverso un linguaggio melodioso, accattivante e raffinato. Tendenza primitiva, questa, dell’opera di Scotellaro, evidente in Margherite e rosolacci, raccolta caratterizzata da tensioni espressive tipiche di un certo Surrealismo meridionale:
Trilla l’allarme /Si sentono vagiti ruzzolare /da questi gusci, /da un pugno di case. //All’alba trilla l’allarme / richiama la campagna / sono tutti sugli usci. (da Margherite e rosolacci)
Tuttavia, la musicalità, la limpidezza e un accennato epicureismo della forma non sono i soli esiti a cui perviene il, seppur, giovanissimo poeta. La sua poesia, infatti, si fa ancora più efficace, nel secondo periodo, quando diviene volutamente ripulsiva, sfrontata nei toni, ruvida:
Gli abigeatari / Chi non dorme nel mare sonnolento/ delle ristoppie unite, sulle spoglie/ dei calanchi, gli abigeatari./ Scansàti alle tamerici,/ sulla sabbia accolta del fiume,/ gettano i mantelli neri,/ amano il loro mestiere,/ uomini sono gli abigeatari./spiriti pellegrini della notte,/ si cibano all’alba. (da È fatto giorno)
L’esemplarità di E’ fatto giorno, sta proprio nelle pieghe di una scrittura che e’ sintesi astrusa di una poesia visionaria e realista al tempo stesso. La straordinaria forza e originalità della giovane, ma già matura, vocazione poetica di Scotellaro, risiede in quella sua capacità di riuscire a mettere le parole in bocca agli analfabeti, agli esclusi, facendo si’ che vengano dai più comprese, attraverso un linguaggio tipicamente dialettale che offre immagini incantevoli, sintetizzando, così, nella scrittura la percezione drammatica del destino privato e sociale. La conquista di forza espressiva dei suoi testi, va certamente rintracciata nel tempo in cui si manifesta. Tempo storico in cui la presa di coscienza della condizione drammatica dei contadini occupatori delle terre, fa nascere l’impulso inarrestabile nel giovane e carismatico poeta, di reagire alla secolare passività, fortemente stimolato dai contadini stessi che lo riconoscono quale ‘guida” insostituibile.
Egli e’ stato, tuttavia, protagonista appassionato ma pensoso del tempo, convinto che il risveglio contadino non dovesse rimanere un fatto locale, sempre teso, in tutta la sua opera, a cercare il dialogo con le grandi realtà cittadine, senza incantamenti ideologici e strategie partitiche o ancora assecondando anarchismi sterili, rifacendosi alla radice propria della società contadina mirando al rinnovamento dei rapporti attraverso l’esortazione alla coscienza. E se da un lato Scotellaro, comunque pervaso dal clima ermetico, riaffermò l’epica come strumento espressivo, colmandola di nuovi contenuti politici e sociali, dall’altro, per l’introduzione di queste nuove istanze, compì un rinnovamento nella storia della poesia italiana, premessa della poesia più competente della seconda metà del Novecento, in cui la letteratura si e’ andata connotando sempre più come impegno culturale e politico per molti intellettuali, almeno fino agli anni ’70, tra cui Gatto, Zanzotto, Giudici, Fortini, Sereni.
Bene, questa antologia edita Mondadori, a dispetto delle poche e tardive approvazioni da parte dei critici, riconosce a Scotellaro la funzione centrale di poeta e soggetto politico, d’un Sud affamato, del secondo dopoguerra, e offre l’opportunità, a lungo negata, di fruire dei suoi testi. Un’azione che veicola attraverso una poesia atavica e memoriale una nuova riflessione sulla storia lucana e meridionale in genere, e su quella più propriamente poetica del Novecento, consentendo di inibire, da un lato, il passo continuo e minaccioso dell’oblio, e di ripercorrere, dall’altro, la sobria evocazione del passato, nel tentativo di decifrare un percorso praticabile per l’umano lucano consapevolmente in bilico di questo tempo.
by Maria Luigia Iannotti

Rocco Scotellaro - Tutte le poesie 1940-1953 - Oscar Mondadori 2004
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